Ieri,sabato 20 agosto, con una vibrante esecuzione del preludio e la morte di Isotta in versione orchestrale, si è concluso il ciclo di cinque concerti diretti da Claudio Abbado alla testa della Lucerne Festival Orchestra.
Era la fine di un lungo percorso musicale, durato quasi tre settimane, che noi abbiamo avuto l'opportunità e il privilegio di poter fare assieme ai musicisti, seguendo tutte le prove e i relativi concerti.
L'impressione e l'emozione che ne abbiamo ricevuta è stata veramente straordinaria sotto tutti gli aspetti, sia per il contenuto dei programmi, che per l'entusiasmo e la disciplina di questi musicisti ( molti dei quali interpreti di chiara fama ) che pur provenendo da orizzonti musicali differenti si ritrovano qui a Lucerna attorno ad Abbado per il terzo anno consecutivo formando un insieme assolutamente affiatato, simile ad un gigantesco strumento di armonica bellezza, con sonorità duttili, cangianti dall'estrema finezza alla più sconvolgente potenza.
Abbado, lui "suona" questo strumento come in un gioco coreografico: la musica esce dai suoi occhi, dalle sue mani, dalle sue braccia, dal corpo intero proteso verso l'orchestra come se le inspirasse la vita, risvegliandola col suo sguardo, incitandola all'ascolto dei suoni che essa stessa produce, coinvolgendo i musicisti in un interazione permanente.
Durante le prove, dopo una prima lettura senza interruzioni, in cui tutti sembrano già conoscere il proprio ruolo, le osservazioni di Abbado sono poche, soprattutto mirate a problemi tecnici di equilibrio sonoro, l'essenziale è detto non a parole ma con il gesto: la sua perfetta padronanza della pulsazione ritmica e della dinamica del suono, sostenute da una memoria prodigiosa,
gli permettono di anticipare e sostenere ogni fremito, respiro, motivo, inciso ritmico o melodico con un gesto preciso, eloquente, generoso di slancio nei momenti culminanti...
Prova dopo prova, ciò che fin dall'inizio parrebbe un punto d'arrivo per altri, qui si modella, si affina, si precisa nei minimi dettagli, per giungere al mattino della "generale" (con Abbado è sempre una prova pubblica) ad un grado di assoluta omogeneità e compiutezza quasi come alla sera dell'esecuzione ..."quasi" perché la sera al concerto c'è in più una tensione straordinaria: Abbado "suona" l'orchestra, e l'orchestra con lui, con una molteplicità di accenti, di sfumature inaudite, con un'emozione liberamente espressa, a volte fino alle lacrime.... quando le sue mani fanno risuonare al massimo dell'intensità la musica di Mahler !
Anche quest'anno il punto culminante dei cinque concerti è stato l'esecuzione di una sinfonia di Mahler, una delle più ardue e difficili di esecuzione di tutto il repertorio, la settima, anche una delle meno frequentate, per causa di complessità strutturale e relativa modernità tonale. Opera faro per l'idea programmatica del festival di Lucerna 2005 : "Neuland" nuovo territorio simbolico-musicale da scoprire (o da riscoprire) anche come incitamento di rinnovata partecipazione da parte di un pubblico non sempre disposto a rimettere in questione la propria routine d'ascolto confortevole....
In questo senso tutte le opere in programma dei cinque concerti si potevano intendere come delle "Neuland" sia per il loro intrinseco contenuto che per l'esemplare interpretazione di Abbado, quest'ultima frutto di un lungo cammino sulla strada della conoscenza sempre rinnovata di un repertorio (quello della tradizione viennese da Mozart a Webern, principalmente,ma anche Wagner e Nono !) a lui particolarmente caro.
Per cominciare giovedì 11 agosto (e venerdì 12 in replica) il terzo concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven, interpretato magistralmente da Alfred Brendel con slancio romantico e finezza di sfumature, chiarezza di articolazione e consonanza di intenti con Abbado.L' orchestra, elemento primo di un dialogo a parte intera con lo strumento solista, metteva in luce momenti di bellezza cameristica (spesso offuscati da interpretazioni troppo sinfoniche) con un gioco di rinvio permanente tra i differenti gruppi strumentali. Ci sembrava quasi di afferrarne per la prima volta, compiutamente,la smagliante novità di questo concerto (che Beethoven stesso prediligeva ) conciliante virtuosità pianistica, linguaggio cameristico e strutturazione sinfonica.
Poi la settima sinfonia di Bruckner ( considerata da molti come il suo capolavoro ) ci apriva un mondo sonoro di inaudita bellezza: la compagine orchestrale dei violoncelli, (diciotto !) ci trascinava verso l'alto, fuori dal mondo con un tema il cui inizio di sconcertante apparente semplicità ci avrebbe coinvolto in un lungo ascolto costellato di episodi sonori che sfociavano l'un nell'altro con coerenza e organicità, a volte contrastanti, a volte elaboranti, sovente inaspettati, sempre avvincenti di bellezza strumentale (si pensi al quintetto delle tube nell'adagio, a trombe, tromboni e corni nello scherzo....etc. etc...) e, malgrado le apparenze, articolati in forme tradizionali più o meno evidenti...(forma sonata,adagio,scherzo,etc...)
La direzione di Abbado, esente da qualsiasi tipo di retorica, metteva in risalto la modernità e la compiutezza del linguaggio bruckneriano con un fraseggio di espressiva chiarezza, rivelando così segrete affinità di scrittura motivica, intimi legami armonico-strutturali con l'altra "settima" di Mahler che avremmo ascoltato qualche giorno più tardi.
Ma tra queste due grandi montagne sinfoniche, scorreva anche qualche piccolo ruscello liederistico,...
Infatti aprivano il terzo concerto mercoledì 17 (e giovedì 18 ) gli straordinari "Fünf Orchesterlieder" op.4 di Alban Berg su testi di Peter Altenberg.
Lieder scandalosi per le orecchie dei benpensanti dell'epoca: veri "Neuland" della tradizione liederistica viennese, sia nella scelta di un imponente organico orchestrale (per ottenere possibilità combinatorie differenti per ogni lied ), che nell'impiego di una libera atonalità prossima della dodecafonia; sia ancora nella scelta di testi molto vicini alla "Stimmung"schubertiana, messa in evidenza da una vocalità espressiva sempre contenuta, che da durate ridotte al minimo essenziale.
Il primo dei tre lieder di Schubert che seguivano "Nacht und Träume"(orchestrato da Reger) sembrava continuare idealmente l'atmosfera dei lieder precedenti mentre "Die Forelle" (Britten) con il suo movimento guizzante portato dal clarinetto ci regalava un momento di pura gioia musicale non priva alla fine di un pizzico di melanconia... per finire "Gretchen am Spinnrad" (Reger) concludeva con fluida drammaticità la prima parte del programma. La bella interpretazione di Renée Fleming, la cui voce intrisa di melanconica delicatezza, in perfetta sintonia con i caratteri espressivi dei singoli lieder, era sostenuta da un'orchestra estremamente duttile e attenta, attraverso il gesto eloquente di Abbado,( allusivo e bellissimo da vedersi, nella "Forelle ! ) per cogliere ogni connivenza motivico-strumentale con la voce.
Dopo la pausa, finalmente, la settima sinfonia di Mahler. L'attesa, la seconda sera, era vivissima e subito fin dalle prime battute la tensione dell'orchestra e del suo direttore al massimo.
Il mattino del giorno prima, ci eravamo stupiti, alla prova generale e poi ancora la sera al concerto, come quest'opera, che pensavamo conoscere bene, si rivelasse a noi, in quell' esecuzioni, in modo ben più evidente di prima, nella sua continuità e modernità. Modernità di linguaggio e complessità di pensiero sovente difficili da afferrare pienamente non solo per gli uditori, ma anche per i musicisti stessi che la eseguono,
Un piccolo complemento al programma di sala, ( stampato per espresso desiderio di Abbado ) era illuminante in proposito.
Si trattava di un' analisi della sinfonia fatta da un direttore d'orchestra, Harmut Haenchen, che, a partire da documenti autentici scrive, come se fosse Mahler, delle lettere immaginarie ad un amico per chiarire il suo operato musicale.( purtroppo in tedesco, ma nei prossimi giorni cercheremo di tradurlo e metterlo sul sito..)
Quella seconda sera, grazie all'interpretazione ancor più travolgente di Abbado, le profonde implicazioni con il linguaggio del passato e allo stesso tempo dell'avvenire sembravano erompere dall'orchestra e interrogarci con violenza sul significato intrinseco di un'opera,della sua interpretazione e del suo ascolto, della percezione che l'uditore potrebbe avere improvvisamente, accorgendosi di scoprire certe opere emblematiche veramente come un territorio sconosciuto un "Neuland" da esplorare...
Alla fine l'entusiasmo del pubblico era alle stelle ! Standing ovation, piogge di fiori su Abbado e sull'orchestra che si erano sorpassati come non mai, un vero tripudio !
L'ultimo concerto, al confronto, ci parve, se pur bellissimo, di tutto riposo...!
Nella prima parte, la suite dal "Prometeo" di Luigi Nono ci proponeva un tipo di ascolto estremamente differente:
Estrapolata da un lavoro con una fisionomia molto particolare, concepito come "Tragedia dell'ascolto",(è il sottotitolo) dramma all'interno dei suoni, tra la musica e gli ascoltatori, dramma in musica e non per musica,dove il testo (collage di frammenti di Eschilo,Goethe, Hölderlin,Nietzsche,Benjamin )è praticamente inaudibile, diventando "suono tra i suoni".
Il pensiero di Nono è un pensiero musicale, che trasforma il suono,anche con manipolazioni elettroniche ,varia i dettagli, scopre nuove possibilità, manipola i testi, trasgredisce il protocollo delle istituzioni musicali creando un' opera "negativa"...
Prometeo incarna per lui la situazione umana attuale: l'uomo e la sua ricerca continua dell'incognito, il suo eterno bisogno di nuove terre e nuove frontiere....
Purtroppo, questo lavoro,è nella sua versione originale lunga due ore e un quarto, di assai difficile e complessa realizzazione. Claudio Abbado è stato autorizzato dagli eredi a proporne una suite, come già Nono lo aveva incitato, in cui sarebbe stato libero di scegliere le parti che gli parevano più significative.
La versione che ci è stata qui proposta,è la stessa presentata ultimamente a Berlino,New York e Bologna.
Per la realizzazione tecnica si è cercato di conservare,nella misura del possibile,l'idea di arcipelago,di isole circondate dall'acqua: il pubblico si trova in mezzo alla produzione del suono, e almeno per una parte degli spettatori della Konzertsaal è stato possibile percepire la spazialità di suoni diretti e manipolati nel momento stesso della loro produzione; strumentisti e cantanti (tutti bravissimi) uniti in motivi e onde sonore di grande finezza e precisione sotto l'attenta direzione di Abbado, La sua lunga familiarità con questa musica gli permetteva di darcene un'interpretazione viva ed espressiva,con incredibili sfumature di pianissimi,rendendo questa partitura emotivamente accessibile anche per chi per la prima volta ascoltasse musica contemporanea !
La risposta del pubblico è stata infatti molto positiva e il successo calorosissimo, ben meritato per tutti gli esecutori, cantanti e strumenti solisti, ivi compresi gli eccellenti registi del suono.
La seconda parte di questo ultimo concerto ci riservava ancora un incontro musicale straordinario con il baritono Thomas Quasthoff che eseguiva alcuni lieder di Schubert,orchestrati da Brahms, Reger e Webern.
La sua umanità forte e generosa si esprimeva pienamente nel canto schubertiano in tutte le sue estensioni. La sua voce interpretava, senza l'ombra di un manierismo,i caratteri di riflessa malinconia dei lieder orchestrati da Webern ( Tränenregen, Der Wegweiser e "Du bist die Ruh' ") e trovava poi accenti più imperiosi, per i lieder di carattere antico orchestrati da Brahms ("Memnon" e "An Schwager Kronos") e Reger ( Prometeus) mettendone in luce il carattere "Sturm und Drang"del testo di Goethe e alla fine, nell'ultimo drammatico lied "Erlkönig" ci dava i brividi con accenti di assoluta verità !
Forse non è inutile parlare dell'intima comprensione tra Quasthoff, Abbado, gli strumenti solisti e l'orchestra tutta, del modo gioioso,amichevole,ma intenso e concentrato con cui avevano provato...un vero piacere per chi ascoltava !
Dopo un mare di applausi, un bis, il solo di questo ciclo, "An die Musik" emblematico crediamo per Quasthoff e Abbado, e non solo, ma anche per tutti noi che amiamo la musica !
Oh tu, nobile arte Du holde Kunst
in quante ore buie, in wieviel graue Stunde
quando il cerchio selvaggio wo mich des Lebens
della vita mi stringeva, wilder Kreis umstrickt,
hai acceso il mio cuore hast du mein Herz
di caldo amore zu warmer Lieb entzunden
mi hai portato hast mich
in un mondo migliore ! in eine bessere Welt entrückt !
Spesso un sospiro Oft hat ein Seufzer
sfuggito dalla tua arpa deiner Harf entflossen
un tuo dolce ein süsser heiliger
santo accordo Akkord von dir
mi ha schiuso il cielo den Himmel bessere
di tempi migliori, Zeiten mir erschlossen
oh tu, nobile arte du holde Kunst
ti ringrazio per questo, ich danke dir dafür,
oh tu nobile arte du holde Kunst
ti ringrazio ! ich danke dir !