LA CRONACA Ermanno Gloria
Personaggi e interpreti Sarastro Mahler Chamber Orchestra
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Grande serata il 18 settembre 2005 al Teatro Municipale di Modena: Il flauto magico di W.A.Mozart. e Claudio Abbado con la Mahler Chamber Orchestra. E’ stata una ripresa, con qualche variante nella regia di Daniele Abbado, andata in scena a Reggio Emilia lo scorso aprile e in seguito rappresentata a Ferrara e a Baden-Baden. Rispetto alla prima edizione si sono succeduti quattro nuovi interpreti dotati di grande preparazione. I confronti sono sempre ingrati, ma non posso esimermi dal citarli. Renè Pape (Sarastro) voce importante, ma che non ha saputo raggiungere la presenza ieratica di M.Salminen; lo stesso dicasi per Dorothea Röschmann (Pamina) , anche se la Harnisch è meno dotata, la sua voce, se pur vagamente fissa, aggiungeva, unitamente alla sua esile figura, quasi emaciata, quella cifra metafisica propria di Pamina presa fra le pene d’amore per Tamino e le imposizioni materne. Ugualmente Hanno Müller-Brachmann (Papageno) non mi ha trasmesso l’affettuosa estroversità di Ulivieri né quella raffinata e più “germanica” di Werba. Meglio invece la regina della notte di Erika Miklósa, che oltre alla vocalità possiede notevoli capacità interpretative, da considerare, per le brevi apparizioni, con un gioco di parole, quale vero astro-fiammante nel ruolo di Astrifiammante: notevole la concitata recitazione, prima e durante l’invettiva “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen…”(Vendetta d’inferno mi brucia nel cuore), intrisa di una nevrotica, ma elegante femminilità; molto femminile anche la puntuale interpretazione delle tre, molto seducenti, damigelle. Ma il fatto sorprendente è stata la rinnovata interpretazione di Claudio Abbado, rispetto a quanto ci aveva fatto ascoltare nella primavera scorsa, nelle dinamiche accese, sottese fra contrasti di pianissimi e fortissimi, talvolta aspri, nella concezione prettamente sinfonica; ora invece, ecco un suono più compatto, anche se leggero, più consono ad un ambito teatrale in una maggiore coesione fra orchestra e palcoscenico. E’ impossibile soffermarsi sui tanti particolari che la penna non potrebbe cogliere appieno, ma ci è stata regalata un’altra ideale interpretazione del Flauto Magico, degna del genio mozartiano. Questa rappresentazione segnava la chiusura del Congresso di Filosofia e la scelta del Zauberflüte di W.A.Mozart è stata quanto mai appropriata. Se la filosofia insegna che la realtà non può essere quella che appare, ne ho avuta una riprova durante la rappresentazione, nella seconda parte dell’opera, nell’aria di Papageno “Ein Mädchen oder Weibchen…” (Una ragazza o mogliettina…): infatti mi è venuta spontanea una considerazione. L’aria, fra una strofa e l’altra, veniva apostrofata dal delicato e brioso allegro, eseguito efficacemente da Enrico Cacciari, del Glockenspiel. Questo suono argentino dall’ineffabile ingenuità, che solo un bambino può concepire, diffonde una grande gioia e Abbado la coglieva appieno trasmettendola al pubblico. Il mio sguardo andava dal sorriso del maestro a quello simile di un giovane che mi stava vicino nello stesso palco, sorriso che mi ricreava la sorpresa, che dopo le numerose recite mi era forse venuta meno, e poi ancora lo sguardo passava dall’orchestra alla platea, e su, su, comprendendo tutta la càvea dei palchi, leggermente illuminata dal riverbero delle luci del palcoscenico. E il mio pensiero? Ah, sì!… ho pensato che forse si sarebbe potuto, con il suono del Glockenspiel fermare tutte le miserie di questo strano mondo, come faceva Papageno con i cattivi! Forse sarebbe possibile se l’umanità sapesse comprendere l’universalità di questa musica. Ermanno Gloria
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