Bello, bellissimo il Flauto Magico di Claudio e Daniele Abbado che ad Edimburgo ancor più che a Reggio, dove ha debuttato nell’aprile 2005, è apparso come un mirabile capolavoro di insieme. C’è tutto e tutto scorre con una continuità mozzafiato fino al termine quando gli spettatori che gremivano il teatro del festival ne hanno decretato il trionfo. Da una parte la bacchetta di Claudio alla guida della Mahler Chamber Orchestra che distilla, ricrea autentiche miniature musicali scivolando dai recitativi come da un velluto, arrampicandosi verso luoghi mai visitati –come ad esempio l’incipit della seconda aria della Regina della Notte-, dall’altra la trama raccontata dai protagonisti istruiti da Daniele sul palcoscenico quale luogo di incessanti mutamenti, uno spazio dove, quanto accade, è permeato da una raffinata intelligenza impressa attraverso un segno di creatività profondamente personale. Allo spettatore sembra di guardare un film da dentro il proiettore, è la scatola nera, disseminata di botole ideata da Graziano Gregori a creare questo gioco ottico. Funziona a meraviglia per questo capolavoro mozartiano, è presente ma anche sparisce nella fluidità della narrazione, come argine del movimento di una vicenda dove passa prima di tutto l’umanità dei personaggi con i loro sentimenti forti quindi tutti i segni e i simboli che superano ogni necessità semantica. Si diverte il pubblico quando il gioco della fiaba viene rotto dalla finzione clamorosa della morte del serpente, dalla litigiosità delle Tre Dame, dalle battute goffe di Papageno per una interpretazione il cui senso non solo musicale ma più specificatamente drammatico-musicale si percepisce già dall’ouverture. Tempi meno rapidi del solito ma una rinnovata atmosfera di meraviglia e stupore aleggia dalla lettura interpretativa del Flauto di Edimburgo percorsa dalla trasparenza timbrica realizzata dai virtuosi strumentisti della Mahler Chamber Orchestra con il glockenspiel dal colore cristallino del nostro Enrico Cacciari. Tanta grazia e leggerezza per dipingere le atmosfere paradisiache o luciferine, in ogni caso un’ambiguità di fondo che è quella della vita umana e dei suoi aspetti contradditori. La duttilità del gesto di Claudio è in grado di esprimere un così vasto ventaglio come la consapevolezza di un’ esuberanza di elementi da non incasellare in un apparato rigido da parte di Daniele ed suo team hanno dato vita al travolgente successo della produzione a cui hanno partecipato Eric Cutler un Tamino dal timbro corposo ad avvolgente, Julia Kleiter che ha dato a Pamina una voce morbida, estremamente comunicativa; Andrea Concetti misurato ha disegnato a Papageno un volto umano senza eccessi; deliziosa la Papagena di Sylvia Schwartz, autorevole il Sarastro di Georg Zeppenfeld, perfetta la Regina della Notte nella voce di Erika Miklosa mentre l’altro ‘cattivo, Monostatos, nell’interpretazione di Kurt Azesberger si è rivelato come un’autentica star. Irresistibili le Tre Dame come di tre fanciulli del Tölzer Knabenchor; infine superba la prova dell’Arnold Schönberg Chor.

g.b.