ABBADO NELLA STAMPA Intervista Un' intervista a Claudio Abbado in occasione della pubblicazione del disco del concerto inaugurale dell'orchestra Mozart diretta da Claudio Abbado. A un'operazione prestigiosa è subentrato un errore grossolano nel trattamento marketing : il disco era in vendita solo nella regione di Torino, cosicché solo i nostri amici torinesi hanno potuto procurarselo. Un giornale di rilievo nazionale quale La Stampa, all'origine della pubblicazione in edicola della Passione secondo Matteo diretta dallo stesso Abbado nel 2000, puo' oggi riservare ad un lettorato ridotto un disco e un intervista di Claudio Abbado, visto quello che rappresenta il maestro oggi per l'Italia e l'arte?
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Mozart cuor di leone Sandro Cappelletto «NON possiamo parlare di Mozart. Dobbiamo ascoltarlo, sentirlo, capirlo», dice il maestro Abbado. «Non faccio nessun paragone, ma conoscete The human side? In questo bellissimo libro, Il lato umano, Albert Einstein scrive anche di musica. Quando affronta Bach suggerisce “religioso silenzio”, quando arriva a Schubert, pretende ancora: “Silenzio, non bisogna parlare”. Io lo dico per Mozart. È come Shakespeare. Hanno la stessa grandezza e un lato in comune, che li avvicina: ciascuno nel suo campo ha scritto di tutto. Mozart ha composto opere, sinfonie, concerti per pianoforte e orchestra, musica da camera, serenate, divertimenti, non c’è un ramo per il quale Mozart non abbia creato qualcosa. Ed è morto giovanissimo. È universale, senza limiti. È moderno. Un contemporaneo, se pensiamo a certi suoi cromatismi incredibili. Massima semplicità, naturalezza, una continua ricerca di progredire». È un po’ cambiato il modo di interpretarlo... «Sto ascoltando alcune vecchie registrazioni. S’impara sempre moltissimo dai grandi interpreti: Bruno Walter, Wilhelm Furtwängler, il vecchio Erich Kleiber. Ci sono tante abitudini che vanno scomparendo: per esempio, l’abitudine di suonare gli andanti non andanti, che non andavano, che erano quasi degli adagi. Di suonare degli adagi che erano quasi dei larghi. Però sul fraseggio, sul suo significato, che lezioni ci hanno lasciate quei maestri!». Quanto della vita di Mozart si può intuire dalla sua musica? «La vita intera di Mozart si intuisce dalla sua musica. L’umorismo formidabile che certamente possedeva. Certamente ne traspare il dramma. Ci sono in lui questi grandi contrasti: Don Giovanni è un “dramma giocoso”». I suoi grandi contrasti complicano il lavoro dell’interprete? «Io ho sempre cercato di leggere quello che scrive il compositore, di capire, di approfondire. Bisogna sempre pensare che tutti i grandi compositori - e pure i non grandi - sono quelli che ne sanno di più o per istinto o per grandezza. Bisogna dunque chiedersi: che cosa avrebbe voluto Mozart? E intuire, studiare. Si può leggere sempre in una chiave nuova, si può sempre imparare.Quale naturalezza, semplicità, spontaneità! Quanto ha scritto in così poco tempo! Si vede che pensava sempre, magari anche di notte si sognava questa musica, che buttava giù e non faceva quasi nessuna correzione. Una scrittura intensa, continuamente arricchita da qualcosa di meglio, da qualcosa di nuovo. Continua ricerca, continua evoluzione». Papà Leopold gli raccomandava: «Scrivi per tutte le orecchie!». «Bisogna vedere quali orecchie. A un certo momento Wolfgang aveva un concetto dell’ascoltatore molto più alto di quello che aveva suo padre. Pensava a un pubblico molto più intelligente». Rapidità, complessità... «Coraggio. Mozart non aveva nessuna paura. Sicuramente, non avere paura è una delle risorse fondamentali nella vita: con la paura si fa solo del male.Secondo me, tutte le cose malvagie che avvengono anche oggi sono dovute a forme d’insicurezza, a gente che ha paura». E oltre il coraggio? «La fretta, una fretta speciale e misteriosa: la sensazione di avere poco tempo, l’intuizione della morte troppo vicina, la voglia di far presto, di far tutto. Tipico dei grandi geni morti giovani. Mozart è uno di questi miracoli. Come Pergolesi, vissuto ancora meno di lui: soltanto 26 anni. Eppure, da lui Mozart ha imparato moltissimo, e anche Bach...Mozart è sempre avanti. Quando pensa alle Nozze di Figaro è lui a proporre la commedia di Beaumarchais a Da Ponte. E quando scrive l’opera va più avanti di Beaumarchais. Mozart da solo ha fatto una rivoluzione ancora maggiore di quella francese. Del resto la grande rivoluzione non è stata in Francia, è stata in Austria: pensate a che cosa è successo lì tra fine Ottocento e primo Novecento nell’architettura della Secessione, nella letteratura, nella pittura e nella musica! Pensate al ponte che Mahler ha gettato dal Romanticismo alla Scuola di Vienna: il primo Shönberg è il più grande romantico». Ricorda, maestro Abbado, quale fu il primo Mozart che ha diretto? «Il primo brano era l’ultimo scritto da Mozart: il Requiem alla Certosa di Pavia. Si era ammalato un direttore d’orchestra, credo Herbert von Karajan. Proprio per Karajan, a dieci anni dalla morte, avrei diretto il Requiem a Salisburgo con tutt’altro animo, tutt’altra partecipazione». E il suo primo Mozart operistico? «Le nozze di Figaro alla Scala. Ricordo Mirella Freni, che aveva sempre fatto Susanna e volle fare la Contessa». Da chi ha imparato di più nell’eseguire Mozart? «Conoscevo già Mozart da bambino. Ma le prime idee interpretative le ho avute da Friedrich Gulda, con il quale ho studiato pianoforte. Anche da Rudolf Serkin ho imparato molto. Nei concerti per pianoforte e orchestra, ci sono già tutte le opere di Mozart, c’è già tutta la sua vita. I concerti si riflettevano nelle sinfonie, nelle opere. Mozart suonava il pianoforte. Conosceva tutti gli strumenti, ma il pianoforte più di tutti». Con l’Orchestra Mozart lei sembra avere una sintonia speciale. Come parla ai giovani professori? Che cosa dice loro? «Mi piace parlare sempre molto apertamente: con i giovani e non soltanto con i giovani, con tutti quelli che fanno musica. Si parla della vita, della morte, dell'amore, del dolore, di tutto. Non c'è nessun limite. Come del resto poi impariamo da Mozart, come del resto impariamo da Shakespeare. Trattano qualsiasi argomento. Non c'è nessun limite. Non ci dev’essere». Può anticiparci i suoi progetti mozartiani? «No. Sono tanti. Non ho fatto ancora quasi niente »
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