LA SCALA NELLA STAMPA Il Corriere della Sera Il Teatro alla Scala
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Il sovrintendente sulle polemiche Lissner: Scala senza debiti e i dipendenti del Teatro non sono più che altrove Alla Scala Stéphane Lissner è arrivato solo da sei mesi, ma da allora non ha perso un giorno. Di lavorare, e tanto, e tra mille difficoltà, il sovrintendente-direttore artistico francese l’aveva messo in conto. Quello che forse non aveva previsto è il gusto nostrano degli attacchi incrociati, delle camarille occulte. Con abile a plombe diplomatico, Lissner finora li ha schivati tutti, senza mai cadere nella trappola delle polemiche. E quando ieri ha detto la sua, l’ha fatto da tecnico, senza citare nomi, ma elencando dati certi e inconfutabili. «Negli ultimi mesi sono state dette molte falsità su questo teatro - ha esordito -. Alcune denunciano evidenti mancanze di memoria e di conoscenza della nostra storia, della sua situazione economica e sociale». Per esempio? «La Scala oggi non ha debiti, non è esposta con le banche. Chi dice il contrario dice il falso». E ancora: «Sento dire che alla Scala non si lavora. Questo mi irrita. Molto. Dal 2 maggio, data in cui sono entrato al Piermarini, a oggi il sipario si è alzato più di cento volte. E nella nuova stagione si alzerà 224. Sempre nel segno di una professionalità e disponibilità che, come testimoniano gli artisti che qui arrivano, difficilmente trova uguali altrove». Qualcuno dice che 800 dipendenti sono troppi. «Intanto i fissi sono 745. Se poi vogliamo far confronti con i grandi teatri lirici europei, ricordo che l’Opéra di Parigi ne conta 1584, quella di Monaco 862, quella di Vienna 915, quella di Londra 866. E se in questo panorama paragoniamo le sovvenzioni pubbliche, scopriamo che la Scala ne ha meno di tutti: 44 milioni di euro contro i 94 francesi, 45 tedeschi, 51 austriaci. Solo il Covent Garden riceve meno (34 milioni) ma là gli sponsor fioccano, incoraggiati dalle defiscalizzazioni previste dalla legge inglese». «In Italia - incalza - il Fus dal 1985 è calato del 38%. Nel nostro bilancio il contributo pubblico è sceso in 5 anni da 53 al 41% mentre il giusto equilibrio per un teatro a vocazione pubblica come la Scala dovrebbe essere il 60% pubblico». Eppure, nonostante tutto, la Scala riparte. E alla grande. La stagione 2005-06 non è ancora cominciata («Tra pochi giorni sarà montato al Piermarini l’ Idomeneo che aprirà il 7 dicembre») che già son pronte le prossime due. «A maggio annunceremo la 2006-07, a giugno la successiva», promette. Ma qualche colpaccio lo anticipa già: «Nel 2006 arriverà Barenboim con la sua orchestra formata da musicisti arabi e israeliani, e arriverà Pappano alla guida di Santa Cecilia e Renée Fleming. Dal 2007, poi, inviteremo i principali teatri lirici italiani con le loro orchestre, cori, cantanti a rappresentare un’opera emblematica della loro storia. Il primo sarà il San Carlo di Napoli, poi la Fenice di Venezia...».
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