e attorno
La rassegna di Lucerna
LUCERNA - Al via il Festival di Lucerna con la consueta parata di stelle che solo qui possono permettersi: Abbado, in apertura, e poi Harding, Gergiev, Welser-Möst, Jansons, Haitink, Rattle, Maazel, Masur, Boulez, Mehta, Gatti, Chailly; e finale col botto, con Barenboim e l' Orchestra di Chicago. Aggiungi Harnoncourt, Muti, Thielemann e pochi altri e ci sarebbe davvero il Gotha della musica mondiale. Nel concerto inaugurale la sorpresa è che oltre ad Abbado e all' Orchestra del Festival di Lucerna c' è il pianoforte solista di Alfred Brendel nel Concerto n.3 di Beethoven, quello in do minore. E il risultato è ineccepibile: la poesia illuminante del pianista austriaco, il suono spavaldo e generoso d' Abbado e della sua orchestra da mille cavalli. Solo, non si capisce perché Abbado rinunci a quel suono argenteo, dato dall' uso di un piccolo organico, che aveva caratterizzato, sorprendendo tutti, i suoi ultimi Beethoven. Esecuzione ineccepibile, come si diceva, ma ordinaria. Come lo è quella di Bruckner, con la sua fluviale Settima. Gli anni passati Abbado aveva inaugurato Lucerna con Mahler e con Wagner: concerti indimenticabili. Stavolta è solo bello, senza quell' incanto e quell' emozione che da lui ci si attende. L' orchestra è a pieno regime (20 violini primi, il resto di conseguenza) ed è un piacere quando si scatena nei marosi bruckneriani; il suono è meraviglioso, specie nel Konzertsaal, esteticamente brutto ma acusticamente da lode. Abbado controlla sempre tutto, sa quando tenere e quando lasciare. Ma non estirpa del tutto il dubbio che tra lui e questa musica vi sia qualche filtro di troppo. Il trionfo era comunque annunciato e si è puntualmente verificato. Enrico Girardi