ABBADO NELLA STAMPA La Gazzetta di Reggio (edizione di Reggio Emilia) Giulia Bassi Claudio Abbado I concerti di Ferrara e Reggio Emilia con la Mahler Chamber Orchestra (9)
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Uno stato di grazia speciale che fa scaturire una musica incantevole. Potrebbe essere un’abitudine quella di assistere ad interpretazioni sorprendenti per la loro pregnanza da parte di Claudio Abbado, ma quest’ultimo concerto al teatro Valli alla guida della Mahler Chamber Orchestra, registra un esito ancor più speciale, qualificabile come un suo grande trionfo e nel contempo un magnifico regalo ad un pubblico che lo ama moltissimo. Il Maestro è disteso particolarmente temprato e il programma, appetibile ed intenso nelle sue due parti, per come viene offerto nella ricchezza dei diversi spunti musicali, sembra riferirsi idealmente a due concerti in uno. Il ‘primo’ lo vede protagonista insieme a Natalja Gutman magnifica interprete, dopo le palpitanti note l’Ouverture da ‘Manfred’, del Concerto per violoncello di Schumann di cui ne fornisce un’interpretazione intensa e complessa senza alcuna concessione esteriore. Alla fine da sola richiamata più volte in palcoscenico dagli applausi accompagnati dal lancio di rose rosse, la celebre violoncellista si cimenta nell’esecuzione della Sarabanda della Suite n.3 di Bach: qui la sua forza musicale, la capacità di forgiare frasi granitiche sostenute da una tecnica prodigiosa, conquistano letteralmente gli spettatori. Sembra patire mentre suona e la forza della concentrazione, aumenta il ‘peso’ dei contenuti che il pubblico riceve. Il Concerto di Schumann, molto denso e sofferto, dolente esce ben tornito, a partire dai primi tre accordi discendenti dell’orchestra che aprono il primo tempo di questa composizione che si sviluppa come ‘un unicum’. E’ un trasalimento quando su un mormorato arpeggio degli archi si leva la melodia tenera e dolente del solista troppo dolce per non apparire consapevole di una tacitata disperazione. Da questa nuda sincerità che non mendica scuse per le carenze di un’energia vittoriosa, con eloquenti cadenze marziali, scaturisce una incredibile suggestione. Più assorto e dolce, con ripiegamenti graziosi e fin scherzosi, invece il secondo tema che dipana il discorso secondo una continua derivazione tematica: qui la voce cantabile del violoncello della Gutman, sui ricami della Mahler sembra cantare un lieder. Il clima si fa sospeso e assorto, quando senza stacchi s’annuncia la romanza del secondo movimento, dal tema di una serenità placata, quindi un breve recitativo e si sfocia nel finale marziale e virtuosistico per il solista che inanella piccole frasi: aforismi come piccoli gioielli che Abbado e la Gutman cesellano con una precisione inarrivabile. Sofferenza e pathos per Schumann, leggerezza e poesia per la Serenata op.11 di Brahms -il programma della seconda parte o dell’altro concerto- un brano che rivela un’orchestra pulsante, vivace seducente. In questi casi non si sa se è meglio posizionarsi lontano, per sentire tutto nel migliore dei modi, o sedersi in prima fila o un palco appena sopra il palcoscenico, per veder i volti sorridenti, le occhiate di felicità e di intesa tra gli orchestrali e il direttore. Per questo Abbado è davvero unico, poichè sprizza gioia nel condurre la musica regalandole un’energia speciale donando una sorprendente naturalezza al fluire dei materiali. Squisita la leggiadria delle frasi esposte da soli o dai diversi gruppi strumentali numerose nel corso della composizione, plastica viva e fascinosa. Questa gioia contagiosa, si trasforma in un bellissimo abbraccio tra gli orchestrali, mentre dalla sala si applaude fragorosamente e una piaggia di fiori colorati roteano sul palcoscenico. Così il pubblico ripaga il direttore e l’orchestra mentre loro provocano altri brividi con una infuocata esecuzione dell’Ouverture dell’Egmont imprimendole un’energia spasmodica ed una tensione contagiosa. Il battimano, sfocia nel tripudio e prosegue ‘senza tregua’ fino a quando il magico Abbado esce da solo a ringraziare e salutare il ’suo’ pubblico con una mano sul petto, sempre sorridente, e un po’ commosso.
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