ABBADO NELLA STAMPA La Repubblica(Palermo) Gustavo Dudamel
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Beethoven salvato dai ragazzini L' Orchestra Bolivàr al teatro Massimo ha rivelato una solidità tecnica degna di formazioni professionistiche GIOVANNI LA BARBERA «Quando ascolti questa orchestra hai l' impressione che per loro la musica sia una questione di vita o di morte». Questo pensiero, espresso dal direttore d' orchestra olandese Bernard Heitink a proposito dei Berliner Philharmoniker e della loro straordinaria forza ed intensità espressiva, si attaglia perfettamente all' Orchestra Simòn Bolivàr che ci ha regalato due serate di emozionante e grande musica al Teatro Massimo. Per questi ragazzi far musica è, realmente e fuor di metafora, una questione di vita o di morte, perché per loro ciò rappresenta l' unica strada per un futuro. Si è tanto scritto sull' organizzazione che sta alla base di questa orchestra e che deve tanto al suo promotore Josè Antonio Abreu e ai grandi direttori (dal compianto Giuseppe Sinopoli a Simon Rattle a Claudio Abbado) che da anni prestano il loro entusiasmo e la loro arte alla crescita tecnica e artistica di questi ragazzi. Duecenticinquantamila ragazzi, spesso salvati da situazioni estreme, quindicimila maestri e decine di orchestre giovanili di varie età che formano e selezionano i giovani musicisti che approdano alla Bolivàr. Un sistema finanziato dallo Stato ma che costa solamente venticinque milioni di euro, la metà circa di quanto costa alla collettività il Teatro Massimo e meno di quanto costano singolarmente la maggior parte delle fonadazioni musicali italiane. Un esempio di educazione musicale che va avanti da più di trenta anni e che è anche un modello di educazione civica e di integrazione sociale di grande successo in quanto riesce ad offrire dignità e opportunità di lavoro. Un modello che dovrebbe farci riflettere su come in Italia si sia perso il senso sociale e profondamente educativo della musica, dei Teatri e della cultura, quella vera. Quel che poi entusiasma ascoltando l' Orchestra Simòn Bolivàr è che questi ragazzi riescono a far musica non solo con gioia e voglia di divertirsi e far spettacolo ma anche esprimendosi a grandi livelli musicali, rivelando una perizia ed una solidità tecnica degne di un' ottima orchestra professionistica. Il suono degli archi di pregevole qualità, frutto di una pulizia e di una sincronia delle arcate difficilmente immaginabile in un complesso così numeroso e dall' età media così bassa (vi sono violinisti di nove e dodici anni), i bassi con impugnatura dell' archetto alla tedesca, il senso cameristico del suonare insieme, dimostrano come alla base di questo miracolo ci siano anche insegnanti di primissima qualità e che quindi il progetto Bolivàr oltre al riscatto sociale offre realmente la possibilità di un inserimento professionale ad alto livello come già accaduto. Poche orchestre possono consentirsi di eseguire, tutti insieme sino alla fine, l' Ouverture rossiniana dalla Gazza Ladra con un virtuosismo così trascinante e senza direttore. Quando poi sul podio vi è quel vulcano d' energia musicale di Gustavo Dudamel il risultato è esplosivo. Raramente si è visto un direttore tanto giovane, venticinque anni, essere così padrone di un' orchestra e delle musiche eseguite. Che non erano da poco considerando che nelle due serate Dudamel ha eseguito l' Ouverture Egmont e la Sinfonia n.5 sia di Beethoven che di Gustav Mahler. Dudamel è uno di quei casi di energia musicale allo stato puro, capace di far vibrare e coinvolgere in modo totale l' intera l' orchestra sino all' ultimo leggio e l' intera sala. Una capacità tecnica poi sbalorditiva per l' età che si unisce ad una libertà esecutiva che è tipica di chi cresce in contesti culturalmente distanti dall' Europa. In queste sue qualità e caratteristiche è sembrato di rintracciare in Gustavo Dudamel quella straordinaria freschezza e forza interpretativa di un altro grandissimo direttore americano, Leonard Bernstein, con il quale condivide anche il senso dello spettacolo e la totale apertura a musiche anche fuori dai consueti repertori: nel caso di Dudamel i vari compositori venezuelani ascoltati. Questo giovane e già grande direttore sa cogliere nel profondo il senso della musica: Beethoven era splendido così come la Quinta di Mahler, e lo sa rendere con grande efficacia ed emozione. Considerando poi che ha numerosi margini di affinamento e tanta esperienza da fare non è difficile pronosticare in lui uno dei possibili più grandi direttori del prossimo futuro. Claudio Abbado ha voluto prendere un ruolo apparentemente marginale cedendo la bacchetta a Dudamel per la sinfonia mahleriana, ritagliandosi una raffinata esecuzione del Triplo Concerto di Beethoven in compagnia di Alexander Lonquich, piano, Ilya Gringolts, violino e Mario Brunello, cello. Ma la stella di Abbado ha comunque brillato ancora una volta attraverso la sua voglia e generosità umana e musicale nel saper individuare i veri talenti, anche quando diversissimi da lui, e nel voler dare sempre qualcosa di bello agli altri. Anche indirettamente.
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